Il Roero è la zona geografica del Piemonte posta nella parte Nord – Orientale della provincia di Cuneo situata sulla sinistra orografica del fiume Tanaro.
Il significato del termine “Roero” è piuttosto controverso, infatti si può ipotizzare che derivi da ruota ,come quelle riprodotte sullo stemma nobiliare locale oppure, tenuto conto del terreno sabbioso, dalle “ruele” cioè i solchi lasciati sul terreno dalle ruote dei carri agricoli; secondo altri da “roul” cioè quercia, pianta che cresce spontanea nei boschi di questo territorio collinare.
L’origine dei suoli roerini è relativamente recente, infatti i geologi li datano fra i 3 – 5 millioni di anni. Le colline sono emerse dai fondali del mare Padano e sono ricche di sali minerali e di fossili; solo apparentemente appaiono aride per l’elevata percentuale di sabbia, principale costituente di queste colline, ma su questi scoscesi pendii ed erti cocuzzoli: i “bricchi” si alternano fertili vigneti e boschi selvaggi.

La visione che si offre all’estatico spettatore della natura stupisce ed allo stesso tempo impressiona l’attento visitatore per gli orridi ed i calanchi che si aprono profondi nel cuore delle colline. Il colpo d’occhio è emozionante, il panorama è mozzafiato infatti lo sguardo viene ammaliato dagli splendidi vigneti con filari ordinati, a mo’ di collana, che adornano ed impreziosiscono i fianchi dei colli che si alternano a vaste aree rivestite del verde intenso dei castagneti interrotti qua e la da alberi di pini e di querce secolari o di acacie che in primavera si ammantano di bianchissimi e profumati grappoli di fiori o di candidi cespugli di biancospini visitati da laboriose api che trasformano il nettare in miele prelibato.
Le colline del Roero hanno un suolo assai eterogeneo infatti, pur facendo parte del bacino terziario piemontese comprendono numerosi orizzonti: Piacenziano, Astiano, Tortoniano, Messiniano, Villafranchiano e Fossaniano tutti appartenenti al periodo Miocenico.
Pur essendo però una zona assai ristretta: 23 comuni in provincia di Cuneo e Cisterna in provincia d’Asti con una superficie vitata di poco inferiore ai 20.000 ettari è particolarmente interessante dal punto di vista geologico infatti la parte superiore delle colline è costituita dai terreni più recenti , viceversa la parte basale è formata da quelli più antichi per cui, partendo dalle valli e risalendo verso il colmo, si possono osservare i seguenti orizzonti geologici.
Piacenzano
caratterizzato da terreni umidi, ricchi di sorgenti, di fossili, di crostacei.
Astiano
È l’orizzonte geologico più esteso, dove agli strati sabbiosi di colore giallastro si alternano quelli marnosi di colore grigiastro. Sono colline sprovviste di acqua, caratterizzate da spaccature e burroni: le “Rocche” che si originano per la facile disgregazione dei bianchi sabbiosi.
Fossaniano
Rappresenta la cerniera geologica Nord – Occidentale del Roero fra la provincia di Torino e di Cuneo che comprende i comuni di pianura (Carmagnola, Ceresole d’Alba, Pralormo e Ferrere.
Villafranchiano
Sono suoli originatisi da depositi fluvio – lacustri – argillosi – sabbiosi e ghiaiosi.
Borbore e Vezza d’Alba rappresentano il crocevia centrale della zona viticola del Roero con colline originatesi da terreni più antichi risalenti al periodo Tortoniano con formazioni marnose Mioceniche di colorazione grigio – bluastre: i cosiddetti “tuffi” caratteristici di Valmaggiore, però presenti anche nei comuni di Piobesi e di Guarene; viceversa nei comuni di Monticello e Cornegliano affiora l’orizzonte geologico Messiniano con suoli di vari colori: nero, grigio, verde, con frequenti Marne grigio – azzurre e numerose lenti gessifere marnoso – calcaree di colore giallo – biancastre o grigio – verdastre.
Quanto sommariamente descritto non rappresenta soltanto una curiosità geologica, chicca per gli appassionati collezionisti di fossili, ma anche un interessante riscontro viticolo – enologico perché nel Roero si producono autentiche gemme enologiche.

Luigi Veronelli, sulla rivista Panorama del 13 gennaio del 1972 (pag 79) e quella dell’ anno successivo sul numero del 5 luglio (pag 123) ebbe modo di scrivere che in val di Sanche sulle colline del versante occidentale di Borbore e in buona parte del territorio comunale di Vezza viene prodotto un Nebbiolo che presenta caratteristiche organolettiche di eccellenza sia per il profilo olfattivo: “bourquet” sia per quello gustativo mettendo in mostra un “nerbo” da meritare pienamente la menzione di “cru eccezionale di Valmaggiore”. Veronelli scrive inoltre che assaggiando questo Nebbiolo si è commosso per la grande emozione sensoriale che ha provato infatti la compiutezza del colore rosso granato con nobile unghia aranciata ben predispongono l’assaggiatore a gustare un grande vino. Il bouquet ha qualcosa di così vivo da commuoverti: un fiato caldo, carezzevole e vitale in cui, più che la viola, cogli la rosa ed il “goudron” e, per finire, il sapore austero quasi a rasentare la severità, ma poi ti compiace e sottolinea, sul corpo, la morbida stoffa. Veronelli conclude l’articolo affermando che Nebbiolo è un nome qualunque, tale da confondere le idee, da mimetizzare tra i tanti, un vino grande quale questo e si rammarica che la lezione della Francia sui vini rossi di Borgogna, tutti di uva pinot noire hanno l’orgoglioso nome del luogo: Romanèè Conti, Chateau Chambertin non sia servita e nulla. A Vezza d’Alba non si dovrebbe parlare di nebbiolo bensì di Collina del Turco perché in basso nella valle si coltiva il mais; “grano-turco” e sull’alta collina il nobile e pregevole vitigno Nebbiolo.